sabato 31 maggio 2014

SANTERA DI YEMAYÁ E DEL MARE VIOLA


Maria Giulia Alemanno: SANTERA DEL MARE VIOLA, 
tecnica mista su carta Fabriano
2007


MARÍA SOLEDAD, 
SANTERA DEL MARE VIOLA

Uscì in piena notte dalla sua casa di calle de la Obra Pía María Soledad, da sette inverni santera di Yemayá. Sette come il numero magico della dea, sette come le balze della sua gonna d’acqua e di spuma, sette come le perline alternate della sua collana e sette come gli anni di Yasmina, nata dall’amore tormentato di Maria Soledad con Pedro Torres, anche lui santero, ma di Changó, dunque tanto forte quanto infedele.
 
Non poteva negarlo. A volte un poco ancora le mancavano le  braccia d’ebano e gli occhi acquosi dell’uomo che l’aveva sedotta danzando per lei, solo per lei sotto la luna, rumbe sfrenate e sensuali tra le palme  reali e le ceibe magiche del  Bosque de la Habana. Ma la burrasca della passione aveva presto lasciato il posto alla calma desolata della bonaccia.  E per María Soledad erano stati giorni e notti di silenziosa disperazione, di pianti tanto tristi da non meritare neppure il conforto delle sue stesse lacrime.
Quando finalmente dopo mesi, forò il bozzolo del proprio dolore si trovò a camminare, quasi zoppicante, in calle Obispo, ignorando  la  vita che le brulicava intorno, il continuo intrecciarsi di passi e di sguardi, i profumi dei fiori dei venditori ambulanti, gli odori del pollo e del  porco cucinati  nelle bottegucce affacciate sulla strada, il canto delle cocorite e dei pappagallini in gabbia. Nulla. Mai più avrebbe creduto che sarebbe riuscita a guardare, senza tristezze e rimpianti, la luna.
 
Ma quella notte il vento s’insinuò improvviso dalla finestra, utilizzando i vetri a soffietto come i tasti di un pianoforte per invitarla a guardare di nuovo l’orizzonte e il mare. 
Il mare aveva per l’occasione indossato per lei tutte le sfumature del viola di Babalú Ayé, l’Orisha che più conosceva il peso della sofferenza, per dirle che la natura  tutta le era vicina. Così almeno le parve, specie quando s’accorse che la luce della luna stava dipingendo sulla superficie dell’acqua una scia di piccole lacrime.
“Gli orishas stanno piangendo al posto mio -pensò - per sciogliere totalmente il mio dolore. ” E pian piano, sola sul Malecón, iniziò a danzare.

Maria Giulia Alemanno


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