mercoledì 31 dicembre 2014

PENSIERI DI MEZZANOTTE AL LUME DI CANDELA


Maria Giulia Alemanno : Pensieri di mezzanotte al lume di candela
pastelli a olio su carta
cm 11,5 x 16,5
2014

Festeggiare?
Cosa?
E perché?
Dopo un anno complesso e doloroso
stravolto dalle nuove regole primitive 
di un mondo impazzito
chi ha voglia di brindare
a quello che verrà?
Non è ancora scoccata la mezzanotte
e già ci promettono nuove gabelle...
poco o nulla cambierà per i profughi 
in fuga dalla guerra che devasta
paesi e vite.
Al lume di candela
non brindo.
Entro dentro di me
e spero nella pace.


martedì 30 dicembre 2014

STRAPPO DI SOGNO AL TELEFONO


Maria Giulia Alemanno: elaborazione
di Strappo di sogno al telefono
penna a sfera e inchiostro dichina su carta
cm 21 x 30
2014

Le idee nascono spesso al telefono.
Mentre ti parlano  tu disegni.
Non è che non segui,
lo fai ma una parte di te,
la più irrazionale,
 vola in altre dimensioni.
Anche piccoli schizzi
serviranno per progetti futuri.
Viste così in negativo
le linee blu sembrano fili incandescenti,
tracce di bulino dorate
 frutto di alchimie interiori.
E le figure emergono dal sogno,
immateriali, evanescenti.
Quanti mondi esistono dentro di noi
che non conosciamo...





domenica 28 dicembre 2014

SAN GRISANTE SPECCHIO DEL CIELO



 Maria Giulia Alemanno ©: San Grisante delle nuvole
pastelli a olio e tempera su carta
cm 22 x 28
2014


In terra d'acqua,
specchio del cielo,
affondano le nostre radici.
Strano miscuglio 
di semi 
di coltura e di cultura.
Contadini,
intellettuali,
sognatori.
A San Grisante,
Macondo piemontese.




San Grisante delle nuvole
opera e testo
cm 22 x 28 / cm 50 x 60
2014


venerdì 26 dicembre 2014

QUELL'ANNO NATALE ARRIVÒ IL 26




Aspettando Natale in collina
tecnica mista su carta
2010

Il giorno in cui scese la prima neve 
  Rosa decise di apettare Natale all'aperto, 
davanti alle  colline del Monferrato 
che l'avevano vista nascere e farsi donna. 



 

Freddo. Part. di Aspettando Natale in collina
 di Maria Giulia Alemanno,  Tecnica mista su carta - 2010 


Faceva un gran freddo, un freddo antico, 

di quelli che gelavano l'aria e il respiro. 
Sarebbe arrivato Natale? - si chiedeva,  

cercando di scorgere, tra i cascinali e gli alberi sparsi, 

la sagoma di un uomo avvolto
 in un pesante tabarro color della pece, 
un contadino come lei 
ma soprattutto un portatore di sogni.


Neve in Monferrato. Part. di  "Aspettando Natale in collina"

Tecnica mista su carta
 2010


Niente. Neppure l'ombra, 
neppure un miraggio lontano.
Il suo Natale quell'anno arrivò la mattina del 26 dicembre, 
quando lei, intirizzita come la piccola fiammiferaia 
e stanca d'aspettare sull'uscio, 
s'era  rifugiata in casa, ormai senza speranza. 

Lo accolse in cucina, davanti al camino, 
senza nemmeno dire una parola. 
Lui fece altrettanto 
ma posò sul tavolo un rametto di agrifoglio
 dalle bacche più rosse delle sue labbra. 

Uno sguardo d'intesa. 

E fu subito pace.

♡♥



giovedì 25 dicembre 2014

VERSO LA GROTTA

Rebecca verso la grotta
tecnica mista su carta
2014


Anche Rebecca andò verso la grotta
per offrire al bimbo appena nato
il suo povero dono.
Un cesto di frutta soltanto
ma colmo di tenerezza ed amore.


mercoledì 24 dicembre 2014

IL NATALE DEL 1979 e IL MIO PRIMO DISEGNO PER L'EDITRICE LA STAMPA






Maria Giulia Alemanno: Natale
  Tavola per Stampa Sera. 
Inchiostro di china e tempera su carta, 
dicembre 1979

Ripenso al 24 dicembre del 1979 come ad uno dei giorni più emozionanti della mia vita. Avevo da poco iniziato a collaborare con STAMPA SERA quando Vittoria Sincero, fantastica  maestra di giornalismo, mi disse, senza tanti preamboli com’era  nel suo stile, che avrei dovuto pensare ad un disegno per il Natale. Il tempo era breve, i miei timori enormi. 
In epoca di pieno consumismo recuperai dunque i ricordi della mia infanzia, l’atmosfera d’attesa nella casa di Crescentino, la gioia nel ricevere i doni. Piccoli doni, in verità: una bambola di pezza per me, una palla per mio fratello,  qualche frutto per entrambi. 


La neve scendeva sulla Favorita, la cascina oltre la strada mentre due figure, non mio padre, non mia madre, piuttosto due genitori simbolici in abiti contadini, osservavano con gioia la tranquilla felicità dei loro bambini.



Vittoria Sincero non mi aveva voluto anticipare  che il disegno sarebbe comparso sulla pagina della cultura della vigilia di Natale, una pagina importante dove il mio piccolo lavoro avrebbe avuto un posto di grande rilievo circondato dagli scritti di firme prestigiose: Ennio Caretto, Paolo Patruno, Mario Ciriello, Lidia Ravera. E Francesco Rosso, vercellese come me, esperto delle cose del mondo e della risaia, a cui aveva dedicato pagine memorabili. Non potevo dunque sapere, e questa fu la sorpresa e l’emozione, che le sue parole ed il mio disegno si sarebbero armonizzati a meraviglia, perché ci univa,  oltre all’ amore   per la   stessa terra, la nostalgia condivisa per i Gesù Bambini di zucchero di Confienza e per i mandarini, piccoli preziosissimi doni. Ancor oggi, non rinuncio a mettere  le bucce sulla stufa in forma di spirale. Ed il profumo mi riporta a quelle feste d’altri tempi che Francesco Rosso descrisse così bene e che qui,  aspettando la mezzanotte, mi piace condividere.


Quelle feste d’altri tempi
Gesù Bambino poco consumista

di Francesco Rosso

«Un Natale d’altri tempi, mi domandano, com’era?». Senza esitare, rispondo: «Bellissimo». Seguono i commenti, se era più bello, entusiasmante, felice dei Natali odierni, e qui incomincia l’imbarazzo, perché noi adulti scriviamo di una festa riservata, almeno così dovrebbe essere, esclusivamente ai bambini. Noi tentiamo di giocare ancora al Natale scambiandoci doni ogni anno più deludenti anche se costosi: nulla più ci sorprende ed appaga, apriamo il pacchetto e subito distogliamo gli occhi. Massimo interesse, valutare la possibilità di passarlo a qualcuno il Natale prossimo. E tutto questo perché non crediamo più nel sottile gioco dell’immaginazione che invece sorregge i bambini, i quali credono ancora in tante cose nonostante gli intellettualismi con cui tentiamo di rovinargli persino le favole psicanalizzando Alice, Sandokan, Cenerentola e Cappuccetto Rosso.
 




La capacità inventiva dei bambini crea il Natale, un po’ rivivendo la bella favola del Nascituro nella greppia (meglio dire mangiatoia?) tra bue ed asinello, un po’ per il mistero di quella notte con gli angeli che van cantando pace in terra, molto per i regali che la mattina dopo, svaniti gli angeli, gli squilli delle loro chiarine e le promesse di pace, si trovano scartando i pacchi, regali che possono anche essere poveri, cosucce, ma hanno il fascino del regalo di Natale. 


Sono convinto che i bambini non ricchi (oggi non si dice più bambini poveri, ciechi, muti eccetera, ma bambini non ricchi, non vedenti, non parlanti eccetera) provano gioia più intensa dinanzi ad un giocattolino di scarso valore di quanta ne provi il ricco ricevendo un dono lussuoso. Oppure, potrebbe essere il contrario: il bimbo ricco può entusiasmarsi per un giocattolino. essendo la dote precipua dei genitori ricchi la parsimonia, se non l’avarizia. La prodigalità lassista dei genitori non ricchi può privare i loro bimbi anche della semplice gioia natalizia perché gli hanno dato sempre e tutto già durante l’intero anno. Ecco un problema che non è facile risolvere senza l’intervento di un istituto di ricerca sociale con un’indagine sul Natale e sui bambini d’oggi.
 



Io posso raccontare dei Natali della mia infanzia, quando credevo ancora che Gesù Bambino prendesse le sembianze di papà e mamma che preparavano i regali. Erano già allora, entro i confini di più limitate possibilità economiche, Natali all’insegna del consumismo, perché i genitori, anche i non ricchi, qualche soldino lo spendevano per rendere lieta la festa, soprattutto per i bambini. Infatti, a quei tempi non usava scambiare i regali fra adulti, al massimo c’era l’invito all’amico a mangiare il cappone, o la fetta di panettone. L’ansia festiva incominciava nel pomeriggio della vigilia, quando in casa si preparavano gli agnolotti: ore di lavoro che sarebbero state divorate in pochi minuti. Ma la preparazione degli agnolotti, che si facevano esclusivamente in casa, era l’avvio alla festa, e tanta era l’ansia che saltavamo senza difficoltà la cena perché, pur avendo un appetito gagliardo, cenare la vigilia di Natale era vietato. Non per un digiuno rituale, o per economia: bisognava tenersi liberi per la cena di mezzanotte, dopo la messa della natività. Io sto raccontando il Natale di un paese, non ho esperienze infantili di un Natale cittadino. Ciò che ricordo fu una visita prenatalizia a Torino, una passeggiata sotto i portici di piazza Castello e la visione di quei padiglioni fra le «pilie» in cui era stata allestita una mostra favolosa: bambole su neve di bambagia pattinavano sul ghiaccio di uno specchio. Una visione di paradiso, che non ho più dimenticato. 




Ma non ho dimenticato nemmeno il Natale del mio paese, la vestizione serale per la messa di mezzanotte, lo scoprimento del presepe con un Gesù Bambino di gesso aureolato d’oro che tendeva le braccia, il gelo siderale nella chiesa poco rischiarata da ceri, l’alito rappreso in fumetti sulle bocche dei cantori che, accompagnati dall’organo ruggente, intonavano «Tu scendi dalle stelle…». Finita la messa, esalato l’ultimo rantolo dell’organo, si tornava a casa. Voci nella notte, grida di auguri, battere di zoccoli sul terreno indurito dal gelo, echi sempre più lontani, poi il silenzio compatto, nero, della notte. 



Il tepore del tinello, l’acqua che bolliva nel pentolone sulla stufa, il sugo dell’arrosto che sfriggolava nella teglia, l’ordine gioioso: «A tavola». Ed incominciava il breve, succulento cenone di mezzanotte, coi primi agnolotti ed il panettone. Il resto a domani. Sazi, stanchi per le emozioni, gli occhi grevi di sonno, resistevamo al torpore che ci invadeva. Loro, i grandi, pareva godessero di quella tortura rimandando di minuto in minuto la consegna dei regali. Non era molto, oggi troverei avvilenti quei doni, ma allora scalavo davvero le vette del paradiso. 


Che cosa c’era in quei pacchi? Come regalo durevole, una trottolina di legno da far vorticare col cordino per i maschi, una pupattola vestita di garza azzurra, o rosa, per le bimbe. Poi sei caramelle, sei cioccolatini, una manciata di "giapuneise", o arachidi, o mani come le chiamano dolcemente nei Caraibi (ma a quei tempi non lo sapevo) un po’ di marroni asciugati al forno e, somma squisitezza, tre mandarini. Oggi che sono in vetrina anche d’agosto, i mandarini non fanno più novità, frutto banalissimo da mensa sottosviluppata, ma a quei tempi remoti, il mandarino aveva preziosità quasi tropicali: oggi banane e manghi, ananas, noce di cajou sono in mostra ovunque, però non hanno la preziosa fragranza dei mandarini di un tempo. Non assaggio più mandarini da non so quanti anni, ma se mi accade di stare accanto a qualcuno che sbuccia uno dei piccoli frutti, l’aroma mi penetra attraverso il naso fino al cervello, solleticando i nervi della memoria, evocando il Natale dei miei anni giovani, bellissimi, felici, irripetibili. 
Che ci vuole a risentire le chiarine degli angeli, il loro canto di pace, gli echi sonori degli zoccoli sul terreno indurito dal gelo? Un mandarino, soltanto un piccolo, plebeo mandarino siciliano. Oppure, ma qui entriamo nel consumismo vero, i bambingesù di zucchero. Ho sentito come un pugno sul cuore l’altro ieri, entrando in una pasticceria. C’erano gnomi di zucchero, alcuni vestiti da frate, altri da San Giuseppe, altri da Madonna. Ma il bambingesù della mia infanzia, un rettangolino di zucchero ad imitare un lettino e, sopra, un po’ di zucchero colorato con la statuina che ricordava il povero presepe della povera chiesa del mio paese, non c’era. Dimenticato anche il bambingesù di zucchero toccato da leggère pennellate di colore azzurro. E’ giusto che così avvenga, oggi i bambini vogliono altri regali, robot mostruosi, missili e mitra e pistole micidiali. Scrivono ancora a Gesù Bambino la letterina chiedendo i doni e promettendo un anno intero di obbediente bontà? 
Non si può promettere bontà chiedendo in dono i rockets che irradiano mortale fuoco vero grazie alle pile. Non che allora fossimo tutti agnellini (quelli di zucchero ce li mangiavamo golosi) c’erano guerre, rivoluzioni, epidemie come ci sono oggi. Però, almeno a Natale, una letterina sapevamo scriverla ed avevamo immaginazione così tesa e viva che avremmo potuto giurare di aver sentito in quella notte le chiarine degli angeli e il loro canto «pace in terra…».




Anno 111 – Numero 339 STAMPA SERA Lunedì 24 Dicembre 1979. L’intera  pagina che lo ospita si può leggere sull’ Archivio storico della STAMPA consultabile in rete.




LE VELE DI NATALE DI VASCO ARE IN VIA SAN FRANCESCO D'ASSISI A TORINO


 Vele di Natale di Vasco Are in via San Francesco d'Assisi a Torino
Sullo sfondo luce d'artista di Giulio Paolini in via Gribaldi

Metà alberi di Natale, metà vele,
le luci d'artista di Vasco Are
risplendono quest'anno in via San Francesco d'Assisi.
Un bosco sospeso,
una regata sulle onde dell'aria.
In fondo, in Via Garibaldi ,
le vele raggiungono i pianeti di Giulio Paolini.
La terra, il mare, l'universo.
L'immensa poesia dell'Arte
illumina Torino.



Una vela di luce  per il liberty di Torino

 Per costruire il proprio itinerario luminoso 
si consiglia di visitare il sito:



martedì 23 dicembre 2014

SANTA CLAUS E LA PORTA DIPINTA




Santa Claus sulla porta dipinta da Maria Giulia Alemanno


Nella notte Babbo Natale, 
sfidando bufere di neve e piogge di ghiaccio,
entrò come al solito nella casa del boscaiolo, 
zitto, zitto, 
per donare senza essere visto.
Ma quella volta, forse perché stanco, 
forse perché anche lui invecchiato,
confuse l'esterno con l'interno, 
e tentando di calarsi da una finestra dipinta,
rimase impigliato nel pomello di una porta a due ante.
"Ohi, ohi! - prese a lamentarsi sottovoce -
 e adesso chi mi  tirerà giù di qui?
Le renne non mi sentono e, anche se mi sentissero, 
l'unica cosa che sanno fare è trainare la slitta.
Ohi, ohi!- pigolò per non far rumore -
e ora i doni nelle case intorno chi li porta?
Tanta fatica per niente, ed eccomi qui appeso come un salame!"
  Nel tentativo di scendere iniziò a dondolarsi ed anche la sua barba bianca prese a scintillare, ondeggiando.
"Se non fosse  una tragedia, sarebbe quasi un bello spettacolo"-
pensò tra sé e sé e, per stemperare la tensione, 
si mise a ridere con encomiabile saggezza.
"Meglio appeso ad un pomello al caldo 
che ad un ramo nel gelo della foresta!
Se penso a quella volta, sù nel grande nord, 
nella riserva degli indiani Montagnais,
quando rimasi per ore sulla punta di un pino 
dopo che le renne, trasgredendo ai miei ordini, 
avevano fatto un'inversione azzardata in volo, 
per dirigersi a Quebec anziché verso Chicoutimi!
Ohi, ohi! devo assolutamente farcela!"
E la forza di volontà abbinata alla calma
 fu ancora una volta premiata.
Con un colpo di reni da vero giovanotto
riuscì a balzare a terra 
ma  la propria  zucca andò a sbattere
contro un'altra zucca, immateriale, 
lasciata ai piedi della porta dipinta.



Santa  Claus e la zucca immateriale


"Ecco, ho anche sbagliato data! -
si disse cercando di rimettere a posto  il berretto e le idee.
Sta a vedere che è la festa di Halloween, 
 robaccia con cui  non c'entro e non voglio entrarci per niente!" 
  e qui ebbe, per la prima volta in tutta quella storia,
 un moto di stizza 
che si guardò bene di occultare 
perché quell' americanata, 
con tutti i suoi fantasmi e scherzetti 
comprati a chili nei grandi magazzini, 
 proprio non la poteva digerire.
Fu il silenzio ovattato a ricordargli 
che quello era il suo giorno,
un giorno di pace e di armonia, 
possibilmente anche di bellezza.
Si rimise in piedi, 
assaggiò due chicchi asprigni e succosi
 del melograno lasciato sul davanzale 
dalla donna del boscaiolo,
sicuro che gli avrebbero portato fortuna.
Si calò dalla finestra giusta questa volta, 
affondò nella neve più
soffice di una nuvola di piume, 
e subito si rimise al lavoro.
Non era un perditempo 
come i morti viventi di Halloween, lui!
Ben lo sapevano le sue  renne, 
 già esauste a metà dell'opera,
ma da secoli, 
a parte qualche intemperanza, 
 amiche, collaborative, fedeli. 



lunedì 22 dicembre 2014

I LUMINOSI UCCELLI NATALIZI DI FRANCESCO CASORATI A TORINO

 Luci d'artista- Gli uccelli di Francesco Casorati in via Cernaia a Torino

Uniti da un lungo filo rosso, 
lo stesso che tante volte ha attraversato i suoi quadri,
gli uccelli di Francesco Casorati
 volano per Natale  
 a Torino.
Origami luminosi, essenziali ed eleganti
come lo era lui, 
amico -fratello prezioso
che non dimenticherò mai.
Quest'anno mi è dolce  
camminare di sera in sua compagnia,
e guardare in alto
per ritrovarlo nel cielo. 




Francesco Casorati: uccello-origami per Luci d'Artista a Torino



domenica 21 dicembre 2014

UNA CASETTA IN CANADÀ NEL CUORE DELLA NOTTE


Una casetta in Canadà nel cuore della notte  (L' Épiphanie -Quebec)


Natale è in arrivo.
Scivolando su neve
di panna montata,
bussa alle porte,
distribuisce buoni sentimenti.
Pace in terra
 agli uomini di buona volontà
e Gloria nell'alto dei cieli.
Cieli neri?
E' notte fonda
e lassù dopo la mezzanotte si spengono le luci. 
Tutto tace. Regna il silenzio.
Gli angeli tornano a cantare il Gloria
al sorgere del sole,
come galletti che annunciano la gioia.
Nessuna movida per loro.
E' senza dubbio santa pace.


sabato 20 dicembre 2014

ULTIMA ALBA D'AUTUNNO A CRESCENTINO


Alba a Crescentino (Vercelli)


Ultima alba d'autunno dalla mia finestra.
 Cielo rosarancio 
madreperla.
Volano angeli nel sole
come stormi d'uccelli.
Liberi.



CUORE DI NANO


Neve sul nano di Viale IX Martiri a Crescentino (Vercelli)




Da noi la neve non è ancora scesa quest'anno
 e per la cronaca, 
anche se si tratta di cronaca del fantastico,
 è buona regola essere precisi. 
Dunque è durante l'ultima nevicata del 2012 su Crescentino
che il nanetto, seduto da tempo immemorabile 

all'angolo tra via Clerico e viale IX Martiri 

a protezione  della casa incantata dello zio Sandrot,
ha mostrato a tutti la sua tenerezza, ricambiata,
 per bianca neve 
( messaggio quasi francescano),
e per qualche ora se n'è stato lì, 
immobile a guardare i passanti, 
con un candido cuore sulle ginocchia, 
inequivocabile prova d'amore.
Presto il sole ne ha ridotto l'ampiezza,
fino a scioglierlo
ed il nano è tornato ad essere quello che tutti conoscono,
grigio ma fedele custode della casa dello zio.
Racconto minimale sull'impermanenza.
La quale ha comunque una sua bellezza 
ed una sua poesia.