lunedì 12 maggio 2014

IL PICCOLE ELEGGUA' SOSTAVA IN UN ANGOLO IN PENSIERO





Piccolo Eleggua in pensiero © Maria Giulia Alemanno
Olio su cartone telato - 2007

Il Piccolo Eleggua sostava in un angolo, silenzioso dopo il grande rito in un cortile di Calle Mercaderes.  Era stanco  non  per il ballo frenetico che gli aveva assorbito l’anima e il corpo, ma per la leggera malinconia che d’improvviso l’aveva avvolto come il mantello viola di Babalu Aye, costringendolo a cancellare per un attimo la gioia della festa. Dietro i vitrales azzurro mare, più trasparenti dei fondali di Yemaya, l’aspettava sua madre, gravata dalla vita e sola. Perchè Cuba era anche questo, lo sapeva bene. Ed erano tante le madri che nel silenzio di piccole stanze, chiedevano agli orishas, radunati in minuscoli altari domestici,  serenità e salute  per sè ed i propri figli.
La sua gli aveva cucito, con stoffe di recupero, l’abito rosso e nero delle cerimonie, gli aveva addobbato di nastri il bastone, gli aveva persino comprato da un rigattiere di calle Obispo le piccole chiavi d’argento perchè potesse aprire più facilmente le porte di un  destino più roseo per lui ed il resto della famiglia. Ma per ora la serratura della vita era ancora troppo arrugginita perchè le chiavi potessero funzionare secondo i suoi desideri. Bisognava avere pazienza, non perdersi d’animo, sperare.
Il piccolo Elegguà tornò a danzare. Seguendo l’istinto girò a destra verso il Convento di San Francisco, attraversò la strada, raggiunse il porto. Si soffermò a guardare il mare di Yemaya, azzurro cupo, potente, meraviglioso. Infine lanciò una monetina, luccicante, leggera. L’acqua l’accolse come s’accoglie un dono gradito.
Il piccolo Elegguà sorrise. Ora era certo che, prima o poi,  la Grande Madre li avrebbe aiutati.



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