domenica 4 maggio 2014

FAMIGLIA SUL TRONCO AL TRAMONTO




 Maria Giulia Alemanno:  Famiglia sul tronco al tramonto 
matite colorate su carta
1959


E' da questo disegnino ingenuo che parte il mio sentiero di pittrice. Benchè privo di alcun valore artistico, gli ho sempre attribuito un significato profondo. Ed è quel che conta.
L'ho ritrovato in un cassetto, piccolo ed ingiallito dagli anni. Tanti. Troppi. Ma ricordo perfettamente quando lo realizzai sul tavolo della cucina a Crescentino, con i miei pastelli distribuiti a pioggia come bastoncini di shanghai - già allora disordinata - ed il pensiero fisso ad un disegno che avevo tante volte osservato su una parete del vecchio asilo di via Bolongara.
Era opera di suor Giovannina, una monaca bellissima, avviluppata in un penalizzante  abito nero, il volto incorniciato da  un cappuccio bianco, che io sempre immaginavo come  una rondine pronta a prendere il volo. Suor Giovannina disegnava canticchiando, quasi a voler trasmettere  a noi bambini la gioia della creatività e la magia dei colori. Anche quel giorno  aveva fissato con due puntine il foglio su un'asta di legno, un gesto che le era abituale, ma più di ogni altra volta l'immagine mi  aveva catturata. 
Lo schema era minimale: una famiglia di poveri contadini seduta su un grande tronco, la madre, il padre e tre bimbi, tutti insieme a guardare un tramonto aranciato e lontano. Il paesaggio appariva scollegato  da loro  ed evanescente, quasi stesse emergendo da un sogno. L'aria era calma e le  vele sul lago scivolavano senza far rumore mentre il sole scendeva su un paese dai tetti rossi come lo scafo delle barche, un rosso destinato a  rimaner acceso anche in piena notte.
Quella scena, che forse anche suor Giovannina aveva copiato da qualche illustrazione per  bambini, mi era rimasta impressa con marchio indelebile, forse per la pace ed il sentimento di unità che trasmetteva, forse solo perchè, già allora,  i tramonti avevano su di me un effetto ipnotico, irresistibile e totale.   Il tentare di ridisegnarla a memoria quando già frequentavo le elementari, significò rivivere quelle sensazioni ed insieme rafforzarle, quasi già delineassero il senso della mia ricerca e del mio percorso.
Quando dopo tanti anni incontrai  Francesco Tabusso ed ebbi la fortuna ed il privilegio di diventare la sua collaboratrice, quel piccolo disegno assunse un peso ancor più grande. Senza conoscerci  io e Francesco avevamo percepito allo stesso modo la bellezza e la poesia della natura, allo stesso modo ci eravamo emozionati. Diventava dunque naturale lavorare insieme. Come naturale divenne un giorno guardare nuovi orizzonti e nuovi  tramonti, ognuno seduto sul proprio tronco,  seppur con emozioni condivise.

*
Era il 31 marzo 2012 quando pubblicavo questo mio foglietto infantile. Mai allora avrei immaginato che improbabili individui chiamati "hackers" avrebbero rosicchiato come termiti voraci la polpa del tronco su cui sedevano i miei contadini gentili. E non solo. Avrebbero distrutto senza pietà l'intero paesino affacciato sul lago, cancellato il tramonto, ucciso il padre, la madre e i tre bambini. Gentaglia. Mercenari della rete. Fantasmi crudeli. 
Per fortuna ne avevo conservato una copia, cosa che ahimè  riguarda  una minima parte di tutto il materiale che ho pubblicato in due anni.  Non che si tratti di uno scritto e di un'opera importanti. Tutt'altro. Ma il loro valore affettivo è grande, appartengono a miei momenti sognanti e nessuno ha il diritto di rubare i miei sogni.   
E dunque, pregiatissimi hackers, io qui li ripropongo con un consiglio. Evitate di far indigestione di poesia. Per gente come voi è cibo più velenoso dell'ammanite muscaria. Un solo assaggio è senza scampo mortale.

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