mercoledì 18 giugno 2014

OCHUN E IL DESIDERIO DI NORMALITÁ



OCHÚN: Tú y yo unidos 
  tecnica mista su carta Fabriano - 2010 
Maria Giulia Alemanno ©

Per la prima volta nella sua infinita esistenza, Ochun si trovò a pensare che le sarebbe piaciuto accasarsi. Con Changó, naturalmente, il re di tutti gli amori, l’unico fra tutti gli dei che l’aveva fatta sognare. Bello, macho e forte come nessun altro, amante instancabile, guerriero invincibile. L’aveva tradita mille volte e altrettante lei lo aveva ricambiato. Ben si sapeva nell’Olimpo Yoruba che la loro era una storia burrascosa, un groviglio di passioni, liti, fughe e rinnovate tenerezze e nessuno avrebbe mai scommesso  neppure mezzo centavo su una loro convivenza, destinata di certo a durare quanto il battito d’ali di una fragile mariposa. 

Eppure quel pomeriggio d’estate qualcosa di strano era successo in lei quando,  entrata in una grande salone della vecchia Avana dalle vetrate variopinte aperte su un patio saturo d’ azzurro, aveva intravisto  su un muro in penombra  un graffito inciso chissà da chi e chissà quando:

Tú y yo unidos

In altri momenti non ci avrebbe fatto caso ma questa volta una specchiera dorata impietosamente  le rivelò che il tempo passava anche per lei, piccolissime rughe le segnavano i lati della bocca e gli occhi color del miele avevano perso un poco della loro luce misteriosa . Capita a tutte, anche alle dee, di perdere la sicurezza nel proprio fascino, di dubitare, seppur per un attimo, della propria avvenenza.
Decise dunque di consultare, come una habanera  qualsiasi, un vecchio babalawo che viveva in due minuscole stanze in Calle Infanta , niente a che vedere con il salone coloniale, ricco di delicate pitture murali e di arredi scuri. l muri erano sbrecciati ed umidi, la presenza del sole  inesistente, i mobili poveri, le poltrone logore ma sull’altare dedicato agli orishas era un trionfo di fiori multicolori, come se la ricchezza della natura avesse voluto imporsi sui beni materiali.
 
Sono qui per una consulta - disse Ochun e gli parlò del suo improvviso desiderio di normalità.
 Lui la invitò a sedersi ed iniziò il rituale. Prese il tablero de Ifà e, gettando  i gusci del cocco,  iniziò la divinazione. 
Ci pensò subito il piccolo Eleggua a chiarire le idee alla Bella tra le belle:

“Tú y yo unidos”
non significa certo
“tú y yo casados”.

Torna ad amare senza legami - le consigliò il babalawo - non tradire la tua natura.
Sei la dea della libertà, non potresti mai chiuderti tra quattro mura in attesa che Changò torni. Perchè nemmeno lui, ricordalo, ti sarebbe a lungo fedele. Che senso avrebbe dunque rovinarvi insieme la vita?

Ochun uscì risollevata. In fondo le pesava l’idea di una nuova esistenza scandita da ritmi regolari, monotona, opprimente, ogni giorno uguale a se stessa.
 In strada ballavano una rumba sfrenata.
Entrò nel gruppo e, roteando il bacino, si mise a danzare fino a quando anche la luna non si stancò di brillare.



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