giovedì 4 giugno 2015

SATURA DI IMMAGINI E PAROLE


Pietra dormiente sopra San Giorio (Valle di Susa)
pastelli a olio e tempera su carta
cm 11,5 x 16,5
della serie Piccoli viaggi di carta
2014

Per qualche tempo non ho più scritto... sì, è vero, avevo tanto da fare, dovevo battagliare su molti fronti, trovare soluzioni.
Ma non era soltanto questo. Mi sentivo satura d'immagini e parole.
Una sensazione sgradevole, una nausea leggera ma persistente. Quando è così occorre scendere dalla barca, tornare coi piedi per terra, tentare di ragionare. 
Ho sentito una signora di mezza età, iperattiva, perennemente di corsa nelle sue scarpe d'atleta -scarpe anche mentali-  sentenziare, davanti al marito operato all'anca, immobile nel suo anonimo letto d'ospedale: "Io sono sempre connessa. 24 ore su 24" E intanto  tra  un cucchiaio di minestrina e una forchettata di purè  somministrati distrattamente al meschino, con dita agilissime da pianista, digitava una valanga di messaggi a chissà chi sul suo inseparabile smartphone... 

Smartphone for stupid people - ho letto da qualche parte. E questa mi è proprio piaciuta.

Lui la guardava con occhi da cocker, indeciso se ridere, o piangere o provare ad incazzarsi. Privo di forze. Annientato. E non certo dall'operazione che era stata in fondo, non fosse stato per il fastidio del catetere, un gioco da ragazzi. Stare con una perennemente connessa deve essere un supplizio medioevale, goccia su goccia, giorno dopo giorno, distruttivo, logorante. Credo che il pover'uomo  abbia accolto i momenti di non visita come un paradisiaco sollievo. Solo con se stesso, meravigliosamente solo. Finalmente!Ahhhhh!

Che meraviglia essere sconnessi! Starsene lì a guardare il vuoto, nessuna frase da Bignami dei sentimenti, nessuna foto dei resti dell'ultima cena con tanto di macchie unte e bisunte sulla tovaglia a quadretti, nessun memorabile ricordo di viaggio di amici sconosciuti, nessun video sulle prodezze in parapendio del cugino della zia della sorella della Gina - scapolo - nessun selfie con orribile bastone, nessuna cura miracolosa dei brufoli e delle emorroidi. Nient'altro che il suono della propria solitudine.
Diciamocelo: una pausa ogni tanto è doverosa in questo mondo perverso che ci vuole tutti amici ma tragicamente soli. C'è chi conta i "mi piace" pensando che fare il  pieno di gratificazioni  renda più forti e felici, c'è chi è convinto che iscriversi a un gruppo spalanchi miracolosamente le finestre sull'isola che non c'è. 
Pubblichiamo tutti troppo, anneghiamo in fiumi di immagini, suoni, parole. Tutti. Me compresa, naturalmente. E allora occorre staccare ogni tanto la spina e fare come i pastori in montagna che non si annoiano mai a guardare le cime, le pietraie, le nubi che passano. E come loro imparare ad ascoltare il vento, il borbottio di un ruscello, il fruscio delle foglie secche al proprio avanzare nel bosco. Riscoprire altre forme di comunicazione. 
Sarà così difficile? Sarà forse diventato impossibile? Non credo che i passeri, i galli cedroni, i gufi e le poiane siano perennemente connessi. Ma c'è da scommettere che comunicano bene lo stesso.

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