venerdì 30 ottobre 2015

LA BALLATA DI ANTONIO VENDRAMIN

ANTONIO VENDRAMIN - Renato Scagliola e Cantambanchi


youtube.com
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Maria Giulia Alemanno ©: Antonio Vendramin, tavola 1.
inchiostro di china su carta, 1977



La ballata di Antonio Vendramin, cavallo di battaglia dei Cantambanchi, storico gruppo del folk italiano, è stata scritta negli ormai lontani anni 70 da Renato Scagliola, giornalista e cantambanco d.o.c. 
La musica è di Piero Marchisio, per un breve tratto cantambanco. 
La registrazione degli anni 80,  è arricchita dalla presenza di Sergio Balestracci, maestro di musica antica, la cui partecipazione straordinaria rende questa versione unica e preziosa.
In tanti ricordano ancora la triste e dolorosa storia di Antonio Vendramin, mille volte cantata in giro per il Piemonte e oltre confine, quando i Cantambanchi si muovevano a bordo di un pulmino  amaranto carico di strumenti, con la scritta al contrario come le autoambulanze. Su quell' "ambulanza musicale" il buon Vendramin si sarebbe di certo trovato a proprio agio e fors'anche riposato, lui che aveva dovuto combattere sempre, in guerra e nella vita. Soldato in Albania, emigrante in Germania poi contadino in Polesine, dopo aver faticosamente messo su casa con moglie e bambini, nel ’52 si era visto portare via tutto dalla piena del Po, un dramma condiviso da migliaia di famiglie costrette a cercare rifugio e lavoro altrove.  Come per molti altri il suo altrove si chiamava Torino.
 
Nuova esistenza, nuovi disagi, nuove difficoltà che Vendramin cerca di annegare nel vino. Il suo racconto si dipana in quella strana lingua che è il veneto-piemontese: cadenza e parole della terra d’origine mischiate a quelle della terra d’adozione.  La gente colta la chiamerebbe asetticamente “transculturazione”. Per lui non è stata altro che “una vita da bestia”.

Le dieci tavole della storia di Antonio Vendramin che ho recuperato dal cassetto dei ricordi per dar loro la nuova veste del video, risalgono al 1977. Le avevo disegnate su fogli ruvidi, con tratti veloci di penna intinta in inchiostro di china, poi annacquato per essere steso a pennello. Spero conservino ancora una loro freschezza, specie ora che ho potuto farle rivivere accostate al testo e alla musica. E Vendramin, nonostante il tempo che è passato,  continua a farmi tenerezza, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, di uno che non ha mai visto Genova.


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